Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro, un buon amico.

— Molière 1622 – 1673

Barbera d’Asti DOCG

Riconosciuto come DOC dal 1970, la denominazione di origine controllata e garantita “Barbera d’Asti” è stata istituita nel 2008 ed è riservata ai vini rossi delle seguenti tipologie: “Barbera d’Asti” e “Barbera d’Asti” superiore.

La zona di produzione si trova nelle province di Asti e Alessandria.

 

Vitigno a bacca nera quasi certamente originario del Monferrato è il più coltivato nella regione e ne rappresenta circa il 30% del vigneto piemontese.

Le origini di questo vitigno sono antichissime, arriviamo addirittura al Medioevo, ma i primi documenti che ne danno testimonianza risalgono solamente a qualche secolo fa. Infatti, la prima traccia formale del Barbera si trova in un documento del XVII secolo conservato nel Municipio di Nizza Monferrato.

Mentre se ne fa menzione ufficiale solo nel 1798, alla stesura della prima ampelografia dei vitigni coltivati sul territorio piemontese compiuta dal conte Nuvolose, vicedirettore della Società Agraria di Torino. “Vino possente, sempre piuttosto severo, ma ricco d’un profumo squisito, e d’un sapore che alla forza accoppia la finezza”, il Barbera, o meglio la Barbera secondo la tradizione piemontese, è uno dei vini più noti e apprezzati in tutta Italia per la generosità del carattere alcolico.

A maturazione medio-tardiva, si raccoglie tra fine settembre e metà ottobre ed è vinificato per lo più in purezza ma è versatile e consente di ottenere vini molto differenziati in grado di garantire ottime evoluzioni nel tempo.

Il suo primo cantore poetico fu Giosuè Carducci che scrisse di “Generosa Barbera” capace di far sentire forte chi se la beve. Più di recente, Cesare Pavese scrisse di questo vino in una delle sue lettere definendolo “… leggendario”.

Grignolino del Monferrato Casalese DOC

Noto sin dal Medioevo come Barbesino il nome potrebbe comunque derivare da grignòle, espressione dialettale astigiana per indicarne i vinaccioli, molto numerosi in questa uva. Alcuni dei sinonimi con i quali è anche conosciuto sono: Barbesino, Nebbiolo Rosato, Barbesinone, Rossetto, Verbesino, Balestra, Arlandino, Girondino, Girodino.

 

Piemontesissimo, la sua origine e la sua attuale principale localizzazione è tra i colli Astigiani ed Alessandrini (Monferrato Casalese), ma è presente anche sporadicamente in alcune zone della provincia di Cuneo e nell’Oltrepò Pavese. È un vino di nicchia, poco conosciuto oltre i confini regionali ma per le sue caratteristiche gustative non omologabili e la sua versatilità a tavola, è oggetto di tenace affezione.

 

È l’impronta digitale di questo territorio, l’emblema delle esposizioni più vocate e l’orgoglio di chi ancora lo coltiva.

 

All’inizio del 1900 è considerato fra i principali vitigni piemontesi. I suoi prezzi salgono fino a ottenere le stesse quotazioni del Barolo e del Barbaresco.

 

Un famoso professore, docente di Viticoltura alla Regia Scuola Superiore di Agricoltura di Milano, scrive che è un’uva preziosa e che il vino che dà, è fra i migliori del Piemonte: “scelto, leggero, frizzante, di color granata chiaro.”

 

Negli stessi anni del primo Novecento il Grignolino veniva elogiato come “vino apprezzatissimo, leggero, dal colore rubino chiaro, profumo piacevolissimo del tutto particolare, e gusto sapido, netto, spesso di un amarognolo assai gradevole.” Nel medesimo tempo tuttavia si aggiungeva che si trattava di un vitigno delicato, la cui produzione si andava limitando e mescolando con quella del vitigno Barbera per ottenerne un vino più robusto e più serbevole.

 

Proprio questa delicatezza fu una delle cause principali della forte diminuzione della superficie coltivata a Grignolino. “Non ha la stessa resa quantitativa della Barbera”, “È soggetto alle malattie”, “Richiede molte cure nella vigna e in cantina”, “Se le annate non sono buone il prodotto ottenuto è irrecuperabile e inutilizzabile”, “È un vino difficile da capire”. Sono frasi che anche oggi pronunciano ripetutamente molti vignaioli dell’Astigiano e dell’Alessandrino, giustificando così la riduzione delle superfici dedicate a questo vitigno.

 

La vigoria del Grignolino è quindi medio buona e ha una produttività buona ma abbastanza incostante. I grappoli hanno una maturazione medio tardiva che raggiungono nei primi giorni di ottobre.

 

Vino dalla spiccata personalità, non sempre accomodante. È il vino della passione. Chi visita il Monferrato non può andarsene senza averlo cercato!

 

La sua lunga storia, l’importanza per il patrimonio vitivinicolo piemontese, lo stretto legame con il territorio astigiano e alessandrino, portano il Grignolino a ottenere la Denominazione d’Origine Controllata. Il riconoscimento ufficiale incoraggia i viticoltori a incrementare nuovamente la coltivazione di questo vitigno più difficile, più delicato, più “da signori” rispetto ad altre varietà più resistenti e con maggiori rese.

 

L’Astigiano e il Casalese sono le due zone geografiche riconosciute come terre del Grignolino. Queste aree sono contigue e fanno entrambe parte del Monferrato. Ognuna di esse è legata a una specifica denominazione d’origine: “Grignolino d’Asti” e “Grignolino del Monferrato Casalese”. Nelle due denominazioni, ottenute rispettivamente nel 1973 e nel 1974, il Grignolino è vinificato in purezza oppure con al massimo un 10% di Freisa.

 

I grappoli hanno dimensione medio-grande con forme tendenti al piramidale mentre gli acini, medio-piccoli, tendono alla forma ellittica. Il vitigno, scarsamente resistente alle malattie (tollera bene solo la peronospora), predilige l’esposizione al sole e terreni asciutti e sabbiosi.
Per capirlo fino in fondo bisogna assaggiarlo in purezza: bizzarro, scorbutico, anarchico e individualista.